Il primo delfino (di vera plastica) che mi è capitato di trovare e raccogliere, è stato un esemplare ‘spiaggiato’ a Rodi Garganico nel 2005. Era il 19 ottobre, giorno del mio onomastico e vissi la magica coincidenza come un prezioso regalo e con grande commozione, perché mi ricordava il delfino Fungie incontrato due anni prima a Dingle. Prontamente lo ripulii dalla sabbia vulcanica e lo ri-gonfiai con calma guardando l’Adriatico. Mi invitava a dare corpo e a definire meglio l’idea del mio “dolpHEn”. Il passaggio da dolphin a dolpHEn ha molto a che fare con la grande coda simmetrica che nei cetacei si chiama “flukes”. È vigorosa e strategica per il nuoto e per balzare fuori dall’acqua a respirare. Proprio lì, incastonati tra i due lobi simmetrici, la mia immaginazione aveva già visto e dipinto – due piedi umani – nelle tele irlandesi. Il delfino di plastica blu trovato a Lat 41° N e Long 13° E mi ha accompagnato in molti viaggi e performance. È stato all’ Academia de S. Carlos a Città del Messico, alla Foundry di Londra, nel Poranceto di Camugnano, alla Stazione Atocha di Madrid e in tanti altri luoghi memorabili. Dopo qualche tempo, ho ricevuto in regalo un altro più piccolo che, a dirla tutta, sarebbe stato un palloncino. Se gonfiato con comune respiro umano invece che con elio, non vola via e si può anche “suonare” premendo delicatamente sulla “pelle”. Mi piace circondarmi di delfini di tanti tipi, materiali e misure, siano essi cuscino, portachiavi, borsetta, radio, ecc. perchè mi parlano sempre del mare.