Re-act&Re-vault: un contributo per il 25 Novembre (International Day against the Violence towards Women)

Category : mostre, performance · by nov 25th, 2016

Detail of “oisEAU”, acrylic on canvas and photo of the last ones to leave “La Festa dei Buchi” at Laura Cristin's home-atelier in Bagnaria Arsa, Udine on 25 October 1998.

Detail of “oisEAU”, acrylic on canvas and photo of the last ones to leave “La Festa dei Buchi” at Laura Cristin’s home-atelier in Bagnaria Arsa, Udine on 25 October 1998.


La sera del 25 ottobre 1998, nella mia casa-atelier di Bagnaria Arsa, Udine, aveva luogo “La Festa dei Buchi”, che faceva seguito all’Open House del pomeriggio “Lo Spazio Violato”. Accadeva esattamente un anno prima che l’ONU dichiarasse il 25 novembre come Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne e solo qualche mese dopo aver subito una grave violazione della mia arte e vita. Nel giugno precedente, mentre ero in vacanza con la famiglia, vandali erano entrati nella mia abitazione e avevano attuato una raffinata e premeditata forma di stupro su alcuni miei autoritratti. Le tele, per lo più nudi completati da poco e mai esposti al pubblico, erano state violate praticando dei fori in corrispondenza dei punti erotici. Al ritorno dalla vacanza in Spagna, rimasi impietrita alla vista di quanto era accaduto e il dolore continuò a scavare impietoso in me nei giorni seguenti, man mano che scoprivo le altre integrazioni. Se le effrazioni alla finestra e alcuni buchetti nel dipinto all”ingresso si erano subito palesati – la scoperta degli sfregi all’autoritratto più grande fu evidente allorché andai a spostare le tele in garage. Le avevo lasciate appoggiate al muro, sovrapposte l’una sull’altra. I vandali le avevano cercate, sfilate, bucate e vergate con insulti di tipo sessista sul retro, e poi riposte con cura. Inequivocabilmente ero l’unica destinataria di tanta efferratezza, visto che denaro o altri valori non erano stati sottratti. Mi sentivo progressivamente sempre più devastata, indesiderata anche dagli spazi della casa e dal prospiciente cortile che ignoti avevano percorso per attuare la spedizione punitiva e poi allontanarsene. Nei mesi che seguirono riuscii a trovare la forza di re-agire impegnandomi nel ri-copiare e ri-fare le tele violentate. Nel re-make dell’autoritratto più grande, il volto risultò molto triste ma altri dipinti – come il potente “oisEAU” – riuscirono meglio degli originali e mi fecero intravedere altre possibilità di sfondare il silenzio. Pensai allora, con i nuovi quadri, di realizzare una mostra-evento a casa mia, affiancandoli a quelli violentati. Potevo contare sulla completa disapprovazione e contrarietà di alcuni familiari stretti. – Sono solo ragazzate! – era il ritornello che mi sentivo risuonare nelle orecchie! Del resto, potevo accontentarmi di aver fatto la denuncia (che sarebbe stata ben presto archiviata senza risultati, a parte la parcella dell’avvocato) e non prendermela a cuore per qualche buchetto! Il silenzio e la non azione sarebbero stati invece opportuni!? Sembra incredibile ma in questi casi, si ribaltano i ruoli e la vittima dovrebbe invece vergognarsi e sentirsi colpevole di aver provocato (dipingendo?). Ebbi invece l’insolenza nei giorni precedenti l’Open House, di imbucare personalmente gli inviti nelle cassette postali dell’intero vicinato. Volevo condividere quanto successo con la comunità locale, visto che le circostanze deponevano per una violenza che non era venuta da lontano. L’evento riuscì bene e molte persone vi parteciparono. Tra gli altri, intervenne il gruppo di poeti “La Fabbrica dei Sensi”. Un giornalista scrisse un articolo per il giornale locale e Rita Mascialino sviluppò l’argomento in un saggio. Mi sentii meglio, un po’ sollevata in un modo o nell’altro. Negli anni successivi, tra alti e bassi – ‘ché il fardello da sbrogliare non è di poco conto – proseguii nella ricerca e nello smascheramento delle violenze sottili, talvolta coperte dall’ipocrisia e da certe bontà perverse, ri-voltando la rabbia in energia positiva e opere. A posteriori riconosco che quanto accaduto nel 1998 fu un potente stimolo di r-evoluzione personale. L’arte che venne dopo – dipinti, busti, ricerca sui Tarocchi, performance – forse lo spiega meglio delle parole. Alle volte era/è difficile. Questo tipo di ferite è in grado di produrre ulteriori danni e si deve alzare la guardia. Gli equilibri con chi ti vuole bene ne sono sconvolti e tutti soffrono, a lungo, nel tempo.
I buchi nei quadri – otticamente irrilevanti – non li ho voluti riparare. Se ne stanno ancora nei dipinti in garage, muti ma concreti testimoni di tanta viltà e codardia. Dopo “La Festa dei Buchi” mi sono dovuta occupare invece, quotidianamente delle lacerazioni dell’anima. Mi è servito frequentare i luoghi dove si pratica l’umanità e dove, più che vender/si si dona. Nel corso del tempo gli spazi della casa-atelier sono stati bonificati da tanti passaggi e presenze d’amore. Altre musiche hanno rallegrato gli spazi violati e altre storie sono state tracciate. Ora cammino a testa alta nel cortile. Qualche anno fa il colpevole ha candidamente ammesso, senza vergogna, la ragazzata.
Ho capito che si deve sempre stare all’erta e che non si deve permettere a nessuno di sfruttare e di sentirsi forte delle nostre debolezze! Gli affetti sinceri ne rimangono rafforzati. È un compito senza fine, ma gratificante.

Libertà e Dignità hanno bisogno di costante impegno e update.

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